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L’omeopatia per la cura del cane

La medicina omeopatica è ormai una realtà universalmente accettata. Nella cura degli uomini è praticata in tutto il mondo e in alcuni paesi, come ad esempio l’Inghilterra, è gestita dal servizio nazionale sanitario. Minore invece è la sua applicazione nella pratica veterinaria anche per una certa sua dispendiosità, tuttavia, se siete interessati all’argomento, provate a chiedere lumi al vostro veterinario di fiducia. Se si tratta di un professionista serio e preparato, vi darà retta. Con ogni probabilità, però, non mancherà di sottolineare la complementarietà dell’omeopatia rispetto alla medicina tradizionale: in parole povere, le cosiddette medicine alternative non devono diventare una scusa per aggirare le consuete pratiche mediche e nella fattispecie il ricorso al veterinario. La parola omeopatia deriva dal greco homoios, “simile”, il che sta ad indicare l’importanza di sfruttare le proprietà dell’abbinamento di elementi omologhi. Alla base dell’omeopatia, infatti, vi è il principio per cui la terapia deve essere effettuata con elementi che in un individuo sano fanno manifestare i sintomi della malattia da combattere.

Tale principio era stato enunciato già 5 secoli prima della venuta di Cristo, ai tempi di Ippocrate, il greco fondatore delle arti mediche. L’omeopatia, dunque, è essenzialmente un processo di guarigione naturale, basato sulla stimolazione delle potenzialità di reazione al male, proprie di ogni organismo. Uno dei principi fondamentali afferma anche che la risposta di uomini ed animali alla malattia, e quindi anche alla cura, è influenzata dal loro stato d’animo. Il che equivale a dire che non esiste rimedio omeopatico specifico per una determinata malattia, ma piuttosto una prescrizione individuale, che deve tener conto del temperamento e delle particolari condizioni del paziente. Per quanto riguarda eventuali effetti collaterali, così frequenti con i preparati tradizionali, le preparazioni omeopatiche sono in una diluizione tale da escludere ogni sorpresa.

Facili da usare
I preparati della medicina omeopatica si trovano in commercio sotto forma di pastiglie, polveri, pillole, tinture, lozioni ed unguenti. Sono accettati di buon grado dai nostri animali ed inoltre, particolare da non sottovalutare, non tutti i prodotti per uso interno devono essere necessariamente ingoiati. Alcuni di essi, infatti, sono più efficaci se lasciati sciogliere sulla lingua. Vari sono i gradi di intensità di un prodotto omeopatico in corrispondenza a differenti diluizioni della cosiddetta “tintura madre”. Nella pratica veterinaria, si ricorre solitamente alla concentrazione 6C, dove C sta per “centesimale”. Sotto stretto controllo medico è possibile arrivare anche a somministrazioni di diluizioni 30C, ma in nessun caso una tintura madre deve essere applicata tal quale, per esempio, sugli occhi. La storia della medicina omeopatica è quella di oltre 2 secoli di casi clinici risolti positivamente, spesso dove altri rimedi fallivano. Proprietari di animali omeopatizzati, anzi, sono pronti a giurare che, al di là della guarigione dal disturbo, hanno notato un miglioramento generale, non solo di salute ma anche di carattere!

L’omeopatia funziona o no?
Un recente articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet ha letteralmente stroncato le cosiddette medicine alternative o non convenzionali, prima di tutte l’omeopatia che conta numerosi estimatori in tutto il mondo, ma soprattutto in Francia e Inghilterra. Per la prima volta, negli ultimi decenni, si riporta un calo nei “consumatori” di rimedi omeopatici a tal punto che il governo inglese pare orientato ad eliminare alcune facilitazioni per i pazienti che scelgono di curarsi con l’Arnica o i fiori di Bach piuttosto che con l’antibiotico e l’aspirina.
Se nell’uomo è stata riportato l’effetto placebo (una sorta di convinzione psicologica), come prima componente di chi trova beneficio in queste medicine, questo non può avvenire per gli animali che non restano certo suggestionati dalla confezione della scatola, dal colore dei granuli e soprattutto dall’arte oratoria del medico. Di fronte alla pretesa carenza di studi scientifici chiamata in causa dalla scienza ufficiale, gli omeopati rispondono che questi vengono spesso rifiutati o semplicemente ignorati e comunque relegati nelle riviste specializzate, mentre neanche per quelli più seri (i cosiddetti “doppio cieco”) si trova spazio sulle prestigiose riviste scientifiche che dovrebbero dettare legge. I cultori delle medicine alternative ironizzano poi sul fatto che queste prestigiose riviste hanno preso granchi colossali più di una volta, come è accaduto per la bufala della clonazione umana, presa per buona, da parte dello scienziato coreano che ha poi ritrattato tutto.

La mia personale esperienza riguarda alcuni corsi di omotossicologia cui ho partecipato molti anni fa e l’inizio di trattamenti da essi appresi su cani e gatti, con esiti, devo dire, per lo più negativi. Io stesso mi sono sottoposto, per problemi miei di salute, ad alcuni trattamenti omeopatici presso medici peraltro di chiara fama, senza mai trarne beneficio. Ma un’esperienza personale è sempre molto limitata. Ho collaborato con profondi conoscitori della materia e, in taluni casi, ho visto guarigioni o remissioni della malattia assolutamente insperate. D’accordo, anche a Lourdes qualcuno guarisce e, per i credenti, quel piccolo villaggio è teatro quotidiano di miracoli che hanno a che fare con la fede e non con la scienza. Non è neanche corretto il comune pensiero di provare con l’omeopatia “tanto male non può fare”.
Gli omeopati seri vi diranno che la terapia omeopatica può avere effetti collaterali, alcuni anche molto spiacevoli ed è per questo che bisogna conoscerla bene prima di applicarla. Quello che invece non mi ha convinto, nell’articolo di Lancet, è stata la stroncatura dell’agopuntura, antichissima arte medica che, nel trattamento del dolore, apporta benefici indiscutibili (da chi la sa fare sul serio). Se personalmente rimango un po’ scettico, ma non contrario, di fronte a una medicina che mi pare un tantino limitativa, quando ricorre ai farmaci classici nelle malattie potenzialmente mortali (nessun omeopata curerebbe con la Pulsatilla un infartuato), sono convinto che, in certi casi, la sua associazione con i farmaci allopatici possa facilitare o accelerare il processo di guarigione. Ancora una volta in media stat virtus.

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